lunedì 23 marzo 2009

Caso Sepede, copisteria dissequestrata. Chi pagherà i danni subiti dai proprietari dell'immobile

CAMPOBASSO – Era il 10 settembre 2002 quando all’interno della copisteria “Pensato Stampato” veniva trovato il cadavere di Franca Martino. Da allora i locali furono posti sotto sequestro giudiziario per permettere lo svolgimento delle indagini. Ad aprile dello scorso anno la condanna definitiva del genero Michele Sepede. Un ergastolo per quel delitto ed un altro per quello del padre Emilio avvenuto il 26 gennaio 2000 nella sua abitazione di Busso. La casa, al contrario, non è stata mai posta sotto sequestro. In un primo momento la morte dell’uomo fu ricollegata ad un incidente domestico. Ora, dopo più di un anno dal giudizio definitivo, anche i proprietari del locale di via Mazzini adibito a copisteria è stato dissequestrato. Da pochi giorni il provvedimento è stato notificato all’ingegnere Antonio Di Renzo. Quest’ultimo, in questo tempo trascorso tra indagini e udienza preliminare, Corte D’Assise, Corte d’Appello e Corte di Cassazione non ha potuto utilizzare un locale che altrimenti gli avrebbe potuto fruttare denaro. Dal punto di vista investigativo il provvedimento era necessario. Più volte la Squadra mobile è dovuta rientrare per riesaminare frammenti di pelle e di capelli rinvenuti al suo interno. Ma dal punto di vista economico per l’ingegnere è stato una vera e propria perdita economica. “Non mettiamo in dubbio l’efficacia investigativa- ha dichiarato a “La Gazzetta del Molise” – ma vogliamo denunciare che in sei anni e mezzo di indagini nessuno ci ha versato una lira. Mi chiedo, a questo punto, dove sia la giustizia italiana”. L’ingegnere Di Renzo ha anche aggiunto una nota dolorosa sulla vicenda. “Mio suocero- ha evidenziato – è morto prima di poter vedere i locali dissequestrati”. Per l’omicida la fine della pena è mai. Nel locale ora sono entrati alcuni operai per provvedere alla sistemazione delle stanze per riaffittarli. Escluso l’utilizzo per sedi elettorali in vista delle comunali del 6 e 7 giugno.

Non riusciva a controllarsi, molestatore assolto

CAMPOBASSO – Davanti ad una bella cameriera non è riuscito a controllarsi. Per queste motivazioni un uomo di 40anni residente in un comune della provincia è stato assolto dall’accusa di molestie sessuali. Il fatto era avvenuto in un’enoteca. L’uomo aveva visto la dipendente che l’aggradava. In un momento ha deciso di masturbarsi. Anche quando la vittima se l’era data a gambe. La motivazione della sentenza, che ha sposato in pieno la teoria dell’avvocato difensore Antonello Veneziano, è stata ricondotta ad eccitazione incontrollabile e non punibile. L’uomo è stato dichiarato parzialmente incapace di intendere e volere. La sentenza farà giurisprudenza in un momento di particolare attenzione alla violenza alle donne.

venerdì 20 marzo 2009

Isernia, violenza sulla moglie. Quarantenne in manette


Lo scenario è un comune della provincia pentra. Ancora una volta il palcoscenico è la famiglia. Stiamo parlando dell’ennesimo caso di violenza sessuale registrato tra le mura domestiche. L’episodio si è verificato nello scorso fine settimana ma se n’è venuti a conoscenza soltanto nella giornata di ieri. Era il pomeriggio di domenica quando la coppia si è trovata sola in casa. I tre figli erano fuori impegnati in attività extrascolastiche. La lite si è verificata quasi subito. La relazione di coppia era ormai alla deriva. Ma il marito quarantenne pretendeva un rapporto sessuale. La donna, visto che non è più innamorata del suo consorte, si è rifiutata. Allora è nato l’alterco. Lui sì lei no come accade in quasi tutte le coppie in crisi. Alla fine l’uomo avrebbe usato la forza. Avrebbe sbattuto la consorte contro il muro e poi sul lettone. Poco dopo si sarebbe consumato il rapporto sessuale. Sarebbe avvenuto contro la volontà della donna. Quest’ultima, piangente, si è subito recata alla caserma dei carabinieri per denunciare il fatto. I carabinieri hanno provveduto ad accompagnarla nel nosocomio più vicino per accertare quanto successo. Il rapporto sessuale è stato accertato. Ora bisogna capire se è avvenuto o meno con violenza. L’uomo, durante l’interrogatorio avvenuto lunedì, ha detto che la congiunzione carnale è avvenuta con il consenso della donna. Lo ha sostenuto tramite il suo legale Lucio Epifanio. Ma non è servito per evitare la convalida dell’arresto in carcere. Ora l’avvocato per tentare di far liberare l’uomo potrebbe rivolgersi al Tribunale del Riesame di Campobasso. I carabinieri stanno continuando ad indagare per stabilire se la donna abbia potuto mettere in scena la violenza per vendicarsi di un marito che non la ama più. Ma l’ipotesi sembra avere già in queste ore poca consistenza.

Stupro della Caffarella, presi i responsabili incastrati dal Dna

ROMA - Colpo di scena nelle indagini sullo stupro avvenuto il 14 febbrario scorso nel parco della Caffarella a Roma: gli investigatori hanno identificato i due presunti responsabili. I sospettati, due romeni di 18 e 27 anni, hanno entrambi precedenti penali per rapina e altri reati. Ad incastrarli, dopo diverse settimane di indagini anche in Romania, anche il test del dna: sarebbe compatibile con quello trovato sui vestiti della ragazzina di 14 anni violentata e sulla scena del crimine. In ambienti investigativi la nuova pista viene giudicata "buonissima".
Loyos e Racz sono ancora in carcere per altri reati - I due romeni furono arrestati lo scorso 18 febbraio con l'accusa di violenza sessuale Alexandru Isztoika Loyos e Karol Racz. Il Tribunale del Riesame il 10 marzo scorso ha annullato però l'ordinanza di custodia cautelare nei confronti dei due romeni che comunque sono ancora in carcere con altre accuse: Loyos per calunnia ed autocalunnia (per gli inquirenti si sarebbe autoaccusato per coprire i veri responsabili dello stupro) e Racz per un'altra violenza, quella ai danni di una donna di 40 anni avvenuta nel quartiere periferico di Roma di Primavalle. Nei giorni scorsi, dopo una pesante battuta d'arresto nelle indagini, la Questura aveva avviato accertamento sui ricettatori che avrebbero venduto i due telefonini della ragazzina violentata e del fidanzato.
FONTE TISCALI

mercoledì 18 marzo 2009

Rotten food, sequestrati 3,5 tonnellate di alimenti scaduti


CAMPOBASSO – Tre tonnellate e mezzo di alimenti scaduti sequestrati ed un imprenditore, Sergio Martone, denunciato per frode alimentare e impiego di manodopera illegale. E’ questo lo scenario raccapricciante davanti al quale si è trovata la Guardia di finanza del capoluogo di regione il 13 marzo scorso nell’ambito dell’operazione “Rotten food”. Avevano puntato a tre strutture alberghiere di Campitello Matese ed ad una di Campobasso dopo la segnalazione ricevuta per lavoro nero. Si tratta del San Giorgio di Campobasso, del Kristiane, Kristall e Il rifugio di Campitello Matese. Effettivamente hanno pizzicato sei macedoni, due italiani, uno svizzero un polacco ed un albanese a lavorare senza regolare contratto. Ma il vero e proprio scandalo si è registrato nel momento in cui le fiamme gialle hanno deciso di ispezionare le cucine e le riserve dei ristoranti. Qui è venuto fuori l’impossibile, ciò che un molisano abituato a prodotti di qualità non avrebbe mai pensato di poter arrivare nel mangiare in un ristorante della propria regione. C’era una montagna di cibo avariato, pronta per essere servita a tavola. Questi i dettagli dell’operazione. Sotto sequestro 517,30 kg di carne, 74,70 kg di pesce, 1657, 50 kg di pasta, 2,45 kg legumi, 2kg di pepe, 31,50 kg di riso, 16,30 kg di salumi, 42,30 kg di frutta sciroppata, 8 kg di formaggi, 63 kg di zucchero, 335 l di acqua, 10,50 l di vino, 11 l di aceto e persino prodotti dolciari.
Il blitz è stato coordinato dal sostituto procuratore della repubblica di Campobasso Giovanna Rosa Immacolata Di Petti.
Ma non è tutto. Gli alimenti avevano un contorno a dir poco da voltastomaco. Si tratta di escrementi di topi ritrovati sul pavimento della dispensa. Tutti gli alimenti erano accatastati gli uni sugli altri. C’era pesce scaduto nel 2008, mozzarelle ed involtini di pollo pieni di muffa. Il tutto riportava una data di scadenza riferita al 2007. I cibi avariati, nel loro complesso, recavano date di scadenza relative agli anni 2004, 2005 e 2006.
Dei succhi d’arancia, destinati alla colazione del mattino, addirittura erano scaduti nel 2003. Uno scenario, caratterizzato da degrado dei luoghi, carenze igieniche, promiscuità tra prodotti avariati ed altri ancora commestibili. Impossibile, inoltre, una compiuta tracciabilità per gli alimenti di origine animale. Una cella frigorifero zeppa di alimenti scaduti, veniva addirittura rinvenuta all’interno di una camera da letto non destinata alla clientela dell’albergo. Tutte le attività ricettive -gestite da tre diverse società-, sono comunque riconducibili ad un unico imprenditore molisano, il quale dovrà rispondere delle violazioni previste e punite dall’articolo 5 della legge 283/1962. Le sanzioni previste dalle vigenti norme in materia, contemplano l’arresto ed un’ammenda che, nel caso specifico, potrebbe superare i 120.000 Euro.
All’atto dell’intervento operativo, tutte le strutture ospitavano numerosi clienti. Altrettanto consistente, è da ritenersi il calendario delle prenotazioni nel medio termine, tenuto conto delle prossime e pressoché imminenti festività pasquali.
Ulteriori solchi investigativi interesseranno i possibili collegamenti delle imprese coinvolte, con gli ambienti criminali dediti alla commercializzazione illecita di alimenti avariati o scaduti. Le cronache nazionali degli ultimi giorni hanno infatti evidenziato come le consorterie delinquenziali siano sempre più interessate alla gestione di questo ricco ed illecito “business”.

Alga rossa, pesca chiusa nella diga d'Occhito

CAMPOBASSO – Chiusura temporanea dell’esercizio della pesca nell’invaso di Occhito e nei corsi d’acqua ad esso collegato. Lo ha deciso la Provincia di Campobasso. E’ avvenuto dopo essere venuta a conoscenza della presenza dell’alga rossa nella diga artificiale situata tra Molise e Puglia. Lo ha fatto considerando i possibili rischi tossicologici associati al consumo di prodotti ittici prelevati. La decisione è arrivata con disposizione presidenziale n. 49 del 18 marzo 2009. E’ stata disposta, in via cautelativa, ai fini della tutela della salute pubblica, la chiusura temporanea all’esercizio della pesca nell’invaso di Occhito (sponda molisana) e nei seguenti corsi d’acqua ad esso collegati. Si tratta del fiume Tappino fino alla confluenza del torrente Succida a monte dell’invaso e del fiume Fortore fino a 2 km a monte dell’invaso e per l’intero corso d’acqua (tratti di competenza provinciale) a valle dello stesso. La disposizione è valida fino a nuova ordinanza.

venerdì 13 marzo 2009

Violenza sessuale, il mostro è in casa

ROMA - Continua a crescere anche nel 2008 il numero di donne vittime di violenza, non solo sessuale, che hanno chiesto aiuto a "Telefono Rosa". Un bilancio presentato a Roma dal quale emerge che sempre più spesso l'autore della violenza è in casa.
- I DATI: Nel corso del 2007 si sono registrati 1.492 casi di richieste di aiuto, che nel 2008 hanno raggiunto quota 1.744 (circa il 16% in più), delle quali 1.457 provenienti da cittadine italiane e 287 da donne straniere. Per le vittime italiane, l'età si concentra tra i 35 e i 54 anni. Il fenomeno della violenza incontra, però, come principale ostacolo proprio quello di restare sommerso: si calcola che soltanto il 10% venga denunciato.
- LA CASA IL LUOGO MENO SICURO: Nel 53% dei casi autore della violenza è il marito o il partner, ciò significa che nel 2008 ci sono state 1.430 donne che hanno subito violenza all'interno di una relazione affettiva, all'interno delle mura domestiche. E' necessario poi aggiungere il 9% di quante dichiarano di subire violenza dal proprio convivente (il dato raggiunge il 15% nel caso delle cittadine straniere) e il 2% di coloro che patiscono maltrattamenti da parte del fidanzato. Si riduce al 2% la quota di donne che dichiarano di aver ricevuto violenza o maltrattamenti da parte di uno sconosciuto.
- PROTAGONISTA VIOLENZA E' COLTO E CON LAVORO: Un elevato livello di scolarizzazione non esenta gli uomini dal commettere atti violenti. Accanto alla maggioranza di quanti si configurano come impiegati (23%) o operai (18%), si riscontrano significative percentuali di liberi professionisti (11%), imprenditori (6%), commercianti (6%) e alti funzionari (6%). Si riduce al 7% la quota di disoccupati.
- ALCOL E DROGA NON SONO ALIBI: Sembra cadere, inoltre, la correlazione tra comportamenti violenti e abuso di droga o alcol: nel 69% dei casi l'autore della violenza non era dedito né a bere né a drogarsi.
- VIOLENTI IN CASA, 'NORMALI' FUORI: Spesso, gli autori della violenza hanno personalità duplici e comportamenti che tendono a distinguere l'atteggiamento tenuto a casa, da quello negli spazi pubblici: la violenza è privata, non sconfina al di fuori dell'ambito familiare, secondo il 69% delle vittime italiane.
- IL TIPO DI VIOLENZA: Il carattere domestico rende più frequenti le violenze di tipo psicologico (31%) e quelle di tipo fisico, in particolare le percosse (23%) da parte del partner. A queste si aggiungono le sottili forme di minaccia (13%) e la violenza di tipo economico (10%). Sono il 3% le violenze sessuali raccontate a Telefono Rosà.
- VIOLENZE REITERATE: raggiunge l'83% dei casi il numero di vittime italiane costrette a sottostare quotidianamente agli atti violenti, dato in rilevante crescita rispetto al 2007. - LE CAUSE DELLA VIOLENZA SECONDO LE VITTIME: Motivi di tipo caratteriale (43%), gelosia (11%), o contrasti familiari (10%). Nell'11% la presenza di disturbi psichici.
Fonte Ansa

sabato 7 marzo 2009

Giornata della donna, nulla da festeggiare

CAMPOBASSO – Giornata della donna, la si dovrebbe celebrare oggi in tutto il mondo. Ma non tutti la pensano così. Le origini risalgono al 1908. Pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie dell'industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Fu proprio l'8 marzo che il proprietario, Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle lavoratrici di uscire. Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 prigioniere morirono arse dalle fiamme. Successivamente questa data venne proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne, da Rosa Luxemburg.Da allora per le donne dovrebbe essere cambiato molto. Possono lavorare, teoricamente raggiungere anche posti di potere, e soprattutto, dal 1946 in Italia hanno ottenuto anche il diritto di votare e partecipare alla vita politica. Questo però soltanto dal punto di vista della pura formalità. Ad oggi però non abbiamo mai avuto un capo dello Stato o un presidente del Consiglio dei Ministri donna. Soltanto qualche esponente di governo insieme ai presidenti della Camera Nilde Iotti ed Irene Pivetti. In Molise la situazione è anche peggiore. La rappresentanza femminile in politica è tendente a zero. Proprio per questo motivo resiste una cultura predominante maschilista. Ciò che succede sul lavoro è lo specchio di situazioni familiari stagnanti. Troppe donne non denunciano di essere ancora picchiate e violentate dai mariti. Stando ai dati pubblicati recentemente dall’Istat in Molise il 95% delle donne non denuncia. Avviene perché la maggior parte subisce ancora la dipendenza economica dal proprio uomo ma soprattutto perché le donne hanno ancora paura della giustizia. Leggi troppo garantiste nei confronti di mariti violenti e stupratori occasionali. Il massimo previsto è dodici anni di carcere. Nessun giudice ha il coraggio di comminare una simile pena ad un violentatore. Fino ad un mese fa, uno stupratore poteva andare agli arresti domiciliari dopo aver abusato di una ragazza in discoteca. In regione si nasconde, purtroppo, un altro tipo di violenza: lo stalking. Ora è prevista la punibilità per tale reato: una conquista. Nei 136 comuni molisani non se n’è mai sentito parlare. Si annida anche tra le realtà lavorative ed i ceti sociali più elevati. In zone d’ombra dove si crede che tutto sia pulito e si viva in un’isola felice. Le vittime spesso non denunciano. Hanno paura della ritorsione licenziamento oppure di finire peggio. Violentate sul serio oppure, nei casi limite, uccise. Per loro è stato creato il centro antiviolenza “La Fenice” con sede a Campobasso. La finalità della Croce Rossa è sconfiggere quel muro di omertà che si crea attorno alla singola vicenda non denunciata. Il centro offre assistenza psicologica e legale. In regione come in Italia il fenomeno stupri è in crescita. Per tutti questi motivi la giornata della donna non ha ancora nulla di festa. Se non il lato commerciale dove si vendono mimose e si organizzano serate in pizzeria per la fortuna dei ristoratori. Di conquiste vere da festeggiare non ce ne sono affatto.

Donne in politica, Isernia maglia nera

ISERNIA – Segolene Royal, Benazir Bhutto e Hillary Clinton sono alcune delle donne che nella politica internazionale si sono fatte strada. Ad Isernia queste realtà sono lontane anni luce. Soprattutto se si guarda l’organico dell’amministrazione di palazzo Berta. Le elezioni sono vicine. A giugno i cittadini sono chiamati a rinnovare tutto l’organigramma. Le donne sperano di essere tenute in maggiore considerazione nella chiusura delle liste elettorali. La legislatura guidata da Raffaele Mauro si è fatta notare, in questi cinque anni, per l’assenza quasi totale delle donne nel proprio organismo. Presidente a parte la giunta è un fatto di soli uomini. Ad affiancare Mauro infatti ci sono ora Angelo Iapaolo, Pasquale Rocco De Lisio, Fausto Pompeo, Angelo Camele, Angelo Mascio, Gino Taccone, Romeo De Luca e Francesco Di Zazzo. Presenza rosa quindi uguale a zero.
Per trovare una donna bisogna scendere in consiglio. La bandiera dell’universo femminile è il consigliere Udc Gabriella Liberatore. Per il resto, quando si assiste ad una riunione di palazzo Berta, si notano soltanto una marea di giacche e cravatte. Va meglio invece al palazzo comunale. In giunta la presenza più significativa femminile di Isernia. Stiamo parlando dell’assessore all’urbanistica Rosa Iorio sorella del governatore Michele Iorio. Allo stato dei fatti è l’unica donna che conti nel panorama politico della città pentra. L’unica che può prendere decisioni strategiche per il bene della centro Lo ha già dimostrato con diverse delibere che hanno di fatto migliorato la condizione della terza città del Molise in quanto ad abitanti. In consiglio comunale sono tre invece le esponenti del gentil sesso. La più conosciuta è Maria Teresa D’Achille eletta nelle liste dell’Ulivo. A rappresentare la maggioranza invece Angelica Morelli di Forza Italia e Rita Pilla dell’Udc. Davvero poche cinque donne nei due centri di potere politico più importanti della provincia, se si considera che in totale le persone impegnate sono 80. In percentuale sono il 6,25% del totale. Considerando invece soltanto il dato provincia la situazione diventa ancora più grave. La presenza di un elemento femminile su 33 componenti fa calare il dato al 3,03%. Nemmeno solo al Comune la soglia riesce a sfondare il muro del 10%. Le donne sono 4 su 47 per un totale dell’8,51%. Soltanto le elezioni provinciali di giugno potrebbero portare la percentuale di donne al potere ad un livello accettabile. Ma, oltre alle candidature, servono rappresentanti del gentil sesso che abbiano il coraggio di dare la preferenza ad una donna. Fino a quel momento le isernine l’8 marzo non avranno nulla da festeggiare.

mercoledì 4 marzo 2009

Giornata della donna, a Roma l'anfora dell'Udi


ROMA- L’Anfora testimone della Staffetta sarà nel Lazio a Marzo e l’8, dalla Sede nazionale, le donne dell’UDI, insieme con altre associazioni di donne, la porteranno in Via Andersen, la strada dove si è consumato uno dei tanti attacchi della guerra dichiarata al genere femminile. Una guerra in cui noi donne saremo i “caschi rosa”, perché la nostra attenzione non si ferma il 25 Novembre 2009, così come è incominciata molto prima del 25 Novembre 2008. Non accettiamo scuse, non ci lasciamo raccontare che la violenza è frutto di un “momento di debolezza”, dell’effetto della droga, dell’etnia diversa e magari addirittura dell’amore. Sappiamo bene che la maggior parte delle violenze si svolge dentro le mura di casa, nella famiglia che si pretende essere sommo luogo di “protezione”, ma vediamo bene che le donne, anche quelle che, per carattere e coscienza di sé, non hanno paura, sono costrette, quando il luogo è buio e un poco solitario, a guardarsi le spalle, affrettare il passo con il batticuore perché spesso il vigliacco assalitore aspetta solo l’occasione.
Quest’anno, l’8 marzo 2009 alle ore 11, scegliamo via Andersen come luogo simbolo e in quella Via invitiamo anche il Sindaco di Roma a esserci e a confrontarsi con le donne. Il sindaco ha manifestato in questi giorni la ferma intenzione di voler contrastare la violenza sulle donne e siamo certe che, a testimonianza del suo impegno, vorrà essere con noi in questa data simbolica.
Ci auguriamo che, fin da subito, altre associazioni e singole donne diano la loro adesione a questa iniziativa che, prendendo l’avvio dalla Staffetta, ha incontrato il sostegno dell’ Onerpo e dell’AFFI

Violenza su minore, via al processo

CAMPOBASSO – Approda davanti al collegio penale di primo grado un processo per violenza sessuale su minore. I presunti abusi si sarebbero verificati nel lontano 2007 in un centro della provincia di Campobasso. Non rendiamo noto il comune per una questione di privacy. La ragazza allora era minorenne. Il suo presunto violentatore un uomo sulla cinquantina. Ora la vittima è diventata maggiorenne ma per come si sono svolti i fatti si preferisce parlarne nello stretto riserbo.
Gli abusi sarebbero avvenuti in maniera continuativa. La ragazza, dopo aver preso coraggio, si sarebbe recata in Questura per denunciare i fatti. La sezione specializzata della Squadra mobile, dopo aver ascoltato la sua versione, ha deciso di indagare. Per la persona segnalata soltanto una denuncia ed il rinvio a giudizio. Nella giornata di ieri è iniziato il processo. Tre i testimoni ascoltati.
Tutti chiamati in causa dalla pubblica accusa rappresentata dal pubblico ministero Fabio Papa. Il dibattimento, vista la delicatezza dei reati ascritti, si è svolto a porte chiuse. E’ stato quindi impossibile sapere che cosa i tre testimoni abbiano dichiarato. Non si sa se e come abbiano ricostruito il presunto calvario vissuto dalla ragazza. Il processo è stato successivamente spostato al primo luglio per le acquisizioni di altre deposizioni. Entro l’anno si dovrebbe arrivare alla sentenza di primo grado. Un’altra storia che mostra un Molise per niente lontano dagli episodi di violenza sessuale che accadono in altre realtà. Davanti ad un processo del genere Roma, Milano e Bologna non sembrano essere città tanto distanti. L’unica differenza da verificarsi è il muro di vergogna ed omertà che avvolge in Molise un reato come lo stupro.

martedì 3 marzo 2009

Violenza sessuale, l'indagato chiede la libertà


Il 48enne accusato della violenza sessuale della figlia sedicenne potrebbe tornare in libertà. A discutere la richiesta presentata qualche giorno fa ci ha pensato, ieri mattina, il suo legale Paola Mastrantonio. La domanda è arrivata sul tavolo dei giudici del Tribunale del Riesame di Campobasso. Secondo il legale quindi sarebbero venute meno le esigenze che hanno portato alla firma dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Teresina Pepe. Ora tocca ai giudici del Tribunale delle libertà stabilire se l’operaio 48enne merita di essere rimesso in libertà. Altre due sono le possibili soluzioni prospettate dal legale. La prima è relativa alla possibilità di passare al regime cautelare degli arresti domiciliari. L’altra è quella di rimanere recluso nel penitenziario di Campobasso. Di quanto avvenuto ieri mattina nell’aula di Tribunale non è trapelato quasi nulla. Infatti l’avvocato del 48enne, così come da principio, si è trincerato nell’assoluto silenzio stampa. Due sono le fasi successive dell’inchiesta di cui ad oggi si attendono i risultati. La più importante è legata alla perizia psichiatrica sulla vittima. Gli esami degli esperti sono già stati avviati. I risultati dovranno essere consegnati sul tavolo del giudice entro il 30 giugno. Se dovesse venir fuori che la giovane era incapace di intendere e di volere nei diciotto mesi dei continui presunti stupri si potrebbe ipotizzare il reato di violenza su persona con ridotte capacità psichiche. L’altra parte dell’inchiesta attesa dal giudice è invece legata alla possibilità di un esame psichiatrico sulla madre. Questa ultima è accusata di favoreggiamento e risulta nel registro degli indagati. Ma secondo il suo avvocato la donna non ha mai tentato di difendere sua figlia perché le sue condizioni mentali non glielo avrebbero consentito.

Coca dall'Olanda, 31 arresti. Uno anche in Molise

SAN SEVERO – Sebbene in maniera marginale anche il Molise è coinvolto nell’operazione antidroga partita dal comune in provincia di Foggia. In manette un 31enne, originario di San Severo, ma residente nella comunità di recupero “La Valle” di Toro. In totale 31 le persone arrestate dai carabinieri. Cinque invece quelle risultate irreperibili. Il gruppo vendeva tre chili di droga ogni dieci giorni e fatturava circa 200 mila euro al mese. Il giro era ben ramificato. La rete di spaccio riforniva di droga oltre a San Severo, i contigui comuni molisani, le città abruzzesi di Pescara, Montesilvano, Ortona e San Salvo. Talvolta la polvere bianca arrivava fino a Pesaro.Le indagini hanno consentito di accertare che gli indagati, grazie a contatti con cittadini marocchini, radicati in Spagna ed in Olanda, si approvvigionavano di cocaina direttamente nei Paesi Bassi.Secondo gli investigatori, il gruppo disponeva di una base logistica in una località della Germania, a circa 65 chilometri dal confine con l'Olanda, dove i corrieri potevano predisporre le autovetture impiegate per il trasporto, ricavando appositi vani per nascondere lo stupefacente.La cocaina veniva acquistata a 28 mila euro al chilogrammo e rivenduta sul mercato ad un prezzo raddoppiato.

Rapina sventata, due beneventani in manette

CAMPOBASSO – Cesare Lanzara di 55 anni e Giulio Mucci di 60: sono i due rapinatori arrestati a Roccavivara da polizia e carabinieri. E’ avvenuto nella mattinata di lunedì prima che potessero mettere a segno una rapina all’ ufficio postale. I due, a bordo di una Fiat Uno bianca, erano stati notati da alcuni cittadini. Questi ultimi sono stati fondamentali per fermare l’azione dei malviventi beneventani. I due, esperti di rapine, erano arrivati nel comune del medio Trigno con una vettura rubata a Campomarino con la targa di Campobasso. Pensavano di non essere notati. Invece non è stato così. Sono rimasti vittime dell’azione incrociata di polizia e carabinieri di Montefalcone del Sannio. Questi ultimi erano sulle tracce dei due già da qualche mese. Attendevano il momento giusto per arrestarli e coglierli sul fatto. Era stato notato dalle forze dell’ordine che i rapinatori agivano quasi sempre in comuni dove non c’era la stazione dei carabinieri e all’inizio di ogni mese, ossia quando arrivavano le pensioni. Così è stato ieri mattina. A mettere in fuga i due beneventani ci hanno pensato gli uomini comandati dal maresciallo di Montefalcone del Sannio. Ad arrestarli invece gli agenti della Squadra Mobile guidati dal dirigente Domenico Farinacci. La rapina era stata programmata con l’uso delle armi. Ma queste ultime non sono state rinvenute nella vettura usata per fuggire. All’interno soltanto passamontagna e cellulari. I due malviventi sono stati trasportati nel carcere di Campobasso per il reato di ricettazione di auto rubata. Non è stato possibile ascrivere il reato di rapina a mano armata perché gli arresti sono avvenuti prima del colpo. Potrebbero essere gli autori di altre rapine effettuate in Molise tra le quali Bagnoli del Trigno e Montorio nei frentani. Nella giornata di ieri è stato effettuato anche l’interrogatorio di garanzia. I dettagli dell’operazione congiunta sono stati resi noti durante una conferenza stampa organizzata dal vicequestore Domenico Farinacci e dal comandante provinciale dei carabinieri Umberto Tamborrino. Entrambi hanno sottolineato l’importanza della collaborazione dei cittadini per arrivare alla soluzione di casi importanti come la rapina di Roccavivara. Risulta fondamentale che ognuno di noi si senta più poliziotto o carabiniere.

sabato 28 febbraio 2009

Crollo Jovine, quaranta operai a casa


CAMPOBASSO – “Le sentenze vanno rispettate sia quando sono favorevoli che quando non lo sono”. Con questa frase l’avvocato Gianfederico Cecanese ha commentato la condanna di Carmine Abiuso, subappaltatore nella sopraelevazione della scuola Jovine di San Giuliano di Puglia a cinque anni di reclusione.
“L’unica stranezza che noto – ha aggiunto il legale a “La Gazzetta del Molise” – è che il dato processuale ha sottolineato la mancanza del contratto di subappalto effettuato dall’imprenditore Giovanni Martino nei confronti di Carmine Abiuso. Quest’ultimo aveva soltanto prestato quattro operai al vincitore dell’appalto e per un periodo di tempo di quindici giorni. Per questo non riesco a comprendere da dove sia arrivata questa condanna”.
Parole amare, quelle dell’avvocato Cecanese, che dovrebbero far riflettere l’opinione pubblica. Se la sentenza dovesse essere confermata dalla Cassazione per i due costruttori inizierebbero i cinque anni più bui della loro vita. Innanzitutto dovrebbero scontare due anni di carcere. Anche se, per evitare questa cosa, i legali che li hanno seguiti nel processo stanno già studiando. Ma la pena più pesante che dovranno scontare è proprio la sospensione per cinque anni dalla possibilità di esercitare le loro arti ed i loro mestieri. Questo significherà la chiusura delle due aziende costruttrici. In totale Martino ed Abiuso hanno quaranta dipendenti. Operai che, nel caso di condanna in Cassazione, si ritroverebbero senza lavoro e senza stipendio. Un dramma nel dramma che cadrebbe proprio in questi mesi di dura crisi economica quando per i quaranta muratori potrebbe essere difficile essere assunti in un’altra impresa edile. Le imprese potrebbero non riuscire a sopravvivere anche grazie alle elevate provvisionali decise dai giudici di secondo grado. In totale più di cinque milioni di euro che in parte dovranno sborsare proprio i costruttori.
Questo accade nonostante Giovanni Martino, prima di iniziare i lavori di sopraelevazione terminati nel 2001, aveva visionato una relazione di fatto. Nel documento era scritto che le mura costruite negli anni sessanta dalla ditta di Giuseppe Uliano erano in ottimo stato. Se anche le carte fossero state false non era compito del costruttore andarlo a verificare.
La sentenza di secondo grado dice che la scuola non è caduta per causa del terremoto ma perché era stata costruita male. La teoria portata avanti dai genitori è stata ampiamente accolta dai giudici. Ora però l’opinione pubblica si chiede se questi ultimi restituiranno mai i fondi ottenuti per ricostruire le proprie case dopo aver ottenuto un verdetto voluto anche dall’opinione pubblica. Ci si domanda anche se i quaranta lavoratori delle imprese Abiuso e Martino non saranno le nuove vittime del crollo della scuola Jovine dopo che i loro datori di lavoro non potranno più esercitare e saranno costretti a fallire. Queste ultime domande avranno le loro risposte soltanto dopo il giudizio definitivo. Deve arrivare entro l’aprile 2010 ossia prima della prescrizione dei reati.

San Giuliano, Marinaro sospeso


SAN GIULIANO DI PUGLIA- "In seguito alla sentenza emessa sul crollo della scuola Jovine di San Giuliano di Puglia, l'amministrazione comunale ha sospeso dal servizio il dipendente comunale Mario Marinaro, condannato alla pena di anni sei e mesi dieci di reclusione con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Il provvedimento disciplinare adottato è previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro ed è stato emesso con effetto immediato subito dopo la sentenza".

San Giuliano, l'ex sindaco la ventinovesima vittima


CAMPOBASSO - E’ la ventinovesima vittima del terremoto del 31 ottobre 2002 di San Giuliano di Puglia. Stiamo parlando dell’ex sindaco Antonio Borrelli condannato in secondo grado per omicidio e disastro colposo nel processo sul crollo della scuola elementare. Un uomo che ebbe la vita distrutta. Sotto le macerie di quell’edificio sopraelevato perse la seconda dei suoi figli. Antonella quando lasciò la terra per volare insieme agli altri ventisei angeli e alla sua maestra Carmela aveva solo sei anni. Faceva parte di quella classe, il 1996, che a San Giuliano di Puglia non esiste più. L’ex primo cittadino, prima della sentenza di secondo grado, ha subito una grave minaccia. La notizia non è stata divulgata a tempo debito perché Borrelli voleva essere assolto per non aver commesso il fatto e non perché i giudici avevano avuto pietà di lui. Ma una regolare denuncia alla digos è stata presentata. La moglie Carmela Ferrante si reca, come ogni mattina, a prelevare la posta. Ma la lettera che si trova tra le mani è di quelle che fanno paura. Quando l’ha aperta ha visto la fotografia che conteneva. Si trattava di un uomo ammanettato. Le frasi incise sulla lettera erano davvero orribili ed inglobavano degli insulti davvero di bassa lega se si considera che anche Antonio Borrelli e Carmela Ferrante sono genitori di uno dei ventisette angeli. Ma non si limitano solo a questo. Il 9 marzo, davanti al Tribunale di Larino, si svolgerà un processo per il reato di ingiurie. L’imputato è un componente del comitato vittime della scuola elementare. Per questioni di riservatezza pubblichiamo solo le iniziali. Si tratta di B.V. La persona offesa è il terzo figlio dell’ex sindaco Borrelli. Al momento del crollo era all’asilo ed aveva soltanto quattro anni. E’ il fratello minore di Antonella. Quando è stato offeso aveva sei anni. Era il lontano undici giugno 2004. Fu apostrofato con un epiteto volgarissimo per un bambino di quella età. Gli furono dette parole che non avrebbe dovuto ascoltare. A difendere le ragioni del piccolo sarà ancora una volta l’avvocato Fabio Del Vecchio, lo stesso legale che ha dato l’anima per cercare di dimostrare l’innocenza dell’ex sindaco. Ora lui e la sua famiglia sono completamente sfiduciati dopo l’emissione della sentenza di secondo grado. Non se l’aspettavano e pensavano di non meritare un dispositivo così severo. Borrelli, al contrario degli altri imputati, non ha subito alcuna interdizione. Non andrà mai in carcere perché la sua pena è coperta da indulto. Ma a lui questo non basta. Vuole a tutti i costi uscire pulito dalla vicenda. “Ci batteremo fino alla fine – ha dichiarato l’avvocato Del Vecchio a “La Gazzetta del Molise”- il sindaco aveva firmato, insieme a tutta la giunta, una delibera di progetto esecutivo. Se si considera che gli altri sono stati tutti prosciolti davanti al gup la condanna di Borrelli ci sembra un paradosso”.

mercoledì 25 febbraio 2009

Crollo Jovine, la giustizia esiste


CAMPOBASSO – Cinque condanne e un’assoluzione. Così i giudici Iapaolo, Parisi e Di Giacomo hanno parzialmente riformato la sentenza di primo grado sul crollo della scuola Jovine di San Giuliano di Puglia. Il dispositivo è stato letto alle 18.45 di ieri sera dopo otto ore e quindici minuti di camera di consiglio. Giuseppe La Serra (progettista della sopraelevazione) e Mario Marinaro
(responsabile unico del procedimento e tecnico comunale) hanno ricevuto la condanna più pesante. Sei anni e dieci mesi di reclusione con interdizione perpetua dai pubblici uffici. Il procuratore generale durante la requisitoria aveva chiesto sette anni di reclusione. Giovanni Martino (appaltatore della sopraelevazione) e Carmine Abiuso (titolare della ditta subappaltatrice) hanno ricevuto invece la condanna richiesta dal procuratore generale. Cinque anni di reclusione da scontare con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. A sorpresa è stato condannato anche l’ex sindaco di San Giuliano di Puglia Antonio Borrelli. Nel crollo della scuola Jovine aveva perso sua figlia Antonella di appena sei anni. La pena da scontare è la più mite. Due anni ed undici mesi di reclusione con interdizione dai pubblici uffici per un periodo di tempo pari a dieci anni.
Giuseppe Uliano, costruttore dell’edificio nato negli anni sessanta, è invece stato assolto così come avvenuto in primo grado. I fatti a lui contestati, secondo la Corte d’appello, non costituiscono reato. Le condanne riguardano soltanto il reato di concorso in omicidio plurimo e disastro colposo. Per Giuseppe La Serra e Mario Marinaro, gli imputati maggiormente colpiti dalla condanna di secondo grado, c’è stata anche l’assoluzione dal reato di falso ideologico sul certificato di agibilità della scuola Jovine. Il fatto, come ha sostenuto il presidente della Corte Mario Iapaolo, non costituisce reato. Il dispositivo ribalta parzialmente la sentenza di primo grado decisa il 13 luglio dal giudice Laura D’Arcangelo nella quale tutti gli imputati erano stati assolti. Per effetto dell’indulto sono stati condonati tre anni di reclusione tutti i condannati. Per l’ex sindaco Antonio Borrelli la pena è stata dichiarata quindi completamente estinta. Il dispositivo tanto atteso dai genitori di San Giuliano emana pesanti condanne anche dal punto di vista del risarcimento danni. Tocca agli imputati e al responsabile civile, indicato nel comune di San Giuliano di Puglia, sborsare centocinquantamila euro in favore di ogni famiglia di un bambino deceduto. Centomila euro andranno invece ai genitori di Pompeo Barbieri ( bimbo rimasto per sempre sulla sedia a rotelle) e alle maestre Maria Giannone e Rosalba Mucciaccio anch’esse gravemente ferite nel crollo. Settantacinquemila euro andranno invece ai genitori di Angelo Licursi ( ultimo bambino estratto vivo dalle macerie). Via via i risarcimenti sono diventati più lievi fino ai cinquemilacinquecento euro che andranno a Cittadinanza attiva. Lo Stato è rimasto parte civile. Respinto l’appello presentato dall’avvocato Sante Foresta. Il procuratore generale, dopo la lettura del dispositivo ha così commentato: “ Questa sentenza è una bella risposta ai genitori che la attendevano da anni. Dimostra che la giustizia esiste”.

San Giuliano, i commenti

CAMPOBASSO – Dopo la lettura del dispositivo di secondo grado la commozione era evidente. L’attesa della camera di consiglio si è trasformata in pianto. I genitori delle 27 vittime del crollo della scuola Jovine di San Giuliano di Puglia vivono un giorno di serenità. Credono di aver ottenuto giustizia. Il più entusiasta è stato il presidente del Comitato Vittime Antonio Morelli. “E’ una sentenza che ci fa credere nuovamente nella giustizia – ha dichiarato tra le lacrime – è anche contro il partito della ricostruzione. Ora prima di spendere i soldi a pioggia sanno che devono pensare bene a quello che fanno. La sentenza non mi ridarà mia figlia ma resta un segnale di speranza”. Significativa anche la dichiarazione della mamma coraggio. Colei che, al funerale delle vittime, invocò la sicurezza nelle scuole. “Ragione avevamo prima – ha dichiarato Nunziatina Torrazzo- e ragione abbiamo adesso. Quelle di oggi ( ieri ndr) sono comunque lacrime di dolore non di gioia. Ora tutti speriamo che si possa operare in maniera corretta affinchè non ci siano altre San Giuliano”.
Visibilmente commosso anche l’avvocato Libero Mancuso. “Ce l’abbiamo fatta – ha dichiarato a caldo- ringraziamo questa corte”. Speranza arriva anche dall’attuale sindaco di San Giuliano di Puglia Luigi Barbieri soddisfatto di questa sentenza.
Di parere diverso invece gli avvocati della difesa. “Questa sentenza è un errore giudiziario – ha dichiarato l’avvocato Arturo Messere- come quella contro Sacco e Vanzetti. Ad un errore non possiamo rispondere che con un ricorso in Cassazione”.
Dello stesso parere anche l’avvocato Fabio Del Vecchio che difende l’ex sindaco. “ Aspettiamo le motivazioni della sentenza- ha dichiarato- e tutti insieme presenteremo il ricorso alla Corte suprema”. Ha atteso a casa la moglie di Borrelli, Carmela Ferrante.

martedì 24 febbraio 2009

Stupri, sei su dieci sono italiani

ROMA - In Italia gli episodi di violenze sessuali nel 2008 sono diminuiti dell'8,4%. Sono questi i dati diffusi oggi a Roma dal Dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell'Interno, che ha analizzato l'andamento del fenomeno in Italia nel triennio 2006-2008. Secondo le cifre riferite al triennio, gli autori sono italiani nel 60,9% dei casi, seguiti dai romeni (7,8%) e dai marocchini (6,3%). Le vittime di violenza sessuale sono per lo più donne (85,3%) e di nazionalità italiana (68,9%). La maggior parte degli stupri rientrano nelle violenze sessuali non aggravate, anche queste in diminuzione del 7,4%. I casi di stupro di gruppo, dopo un incremento registrato nel 2007 (+10,9%) invece sono diminuiti del 24,6%, mentre per le violenze sessuali aggravate è stato registrato un trend decrescente nel triennio 2006-2008 con il -16%. Nel 2007, invece, in Italia era stato registrato un aumento dei casi di violenza sessuale del 5% rispetto al 2006 (da 4.821 a 5.062 episodi). Lo scorso anno le forze di polizia hanno individuato 8.845 autori di violenze sessuali, a fronte di 8.749 segnalazioni nel 2007 e di 7.715 nel 2006.
Fonte Ansa

giovedì 19 febbraio 2009

Crollo Jovine, Messere incolpa lo Stato


CAMPOBASSO – “Come lo Stato ha potuto costituirsi parte civile in questo processo quando, insieme al terremoto doveva essere seduto sul banco degli imputati”. E’ stata questa la parte della discussione dell’avvocato Arturo Messere, nel processo sul crollo della Jovine, che sembra aver colpito di più la terna di giudici formata da Iapaolo, Parisi e Di Giacomo. Una discussione che, data l’eccessiva lunghezza, è stata divisa in due tranche e continuerà quindi nella giornata di oggi prima di dare spazio alle repliche del procuratore generale Claudio Di Ruzza e degli avvocati di parte civile. Con molta probabilità finirà nel tardo pomeriggio. La sentenza potrebbe quindi slittare a mercoledì 25 febbraio per permettere ai giudici di decidere con coscienza. Una laboriosità dovuta alla necessità di difendere due diverse posizioni, il progettista Giuseppe La Serra ed il tecnico comunale ed responsabile unico del procedimento di soprelevazione Mario Marinaro.”Allo Stato – ha sottolineato- va richiesto il risarcimento danni”. Una discussione basata su sofismi e parallelismi con figure mitologiche dell’antica Grecia per chiedere alla Corte di non condannare i suoi assistiti. “La colpa – ha sottolineato- è come la fuliggine che si posa su ogni dove”. Nella parte più tecnica della sua discussione Messere ha sottolineato che alcun evento di crollo può essere attribuito ai due imputati. “I prevenuti- ha evidenziato- hanno agito come dovevano agire”. La sopraelevazione, secondo il legale, non è altro che ampliamento della struttura di cento metri quadrati.”Gli imputati – ha dichiarato – hanno agito diligentemente e rispettano tutte le norme”. Sulla tragedia Messere ha messo in mezzo anche la figura del dirigente scolastico Giuseppe Colombo il quale, secondo risultanze processuali, non si sarebbe nemmeno preoccupato la mattina del terremoto di sincerarsi quali erano le condizioni dell’edificio scolastico. In primo grado il pm ha contestato a La Serra e Marinaro anche il crollo di una parte della scuola sulla quale non avevano mai messo mano. Durante la discussione dell’avvocato Messere c’è stato un fuoriprogramma. Il procuratore generale Claudio Di Ruzza ha chiesto alla Corte di non concedere interventi lunghi e ripetitivi. Successivamente l’avvocato Messere ha continuato spiegando come era costruita la struttura. Si trattava di scuola e sopraelevazione in muratura e non solai di cemento armato. I solai utilizzati erano prefabbricati ed omologato era il materiale in laterizio. L’avvocato Messere, al termine della prima parte della discussione ha annunciato la presentazione di una memoria di 104 pagine la quale dimostra che i solai della scuola erano poggiati soltanto su dei cordoli in muratura. Il corpo di fabbrica era costruito, sempre secondo i periti, con parti verticali in muratura. Durante il termine della discussione dell’avvocato Santoro si è verificata una dura protesta dei genitori della vittime. La madre dei gemelli di quarta deceduti sotto le macerie della vecchia Jovine, ha detto agli avvocati di smettere di essere bugiardi. “Ci dovevano essere i vostri figli- ha detto con decisione- sotto le macerie della scuola. State facendo un processo al terremoto mentre gli imputati hanno fatto un’associazione a delinquere per costruire l’edificio. Tutti sapevano cosa stavano facendo”. Mentre sono stati allontanati dal giudice ha continuato: ”Mi hanno ammazzato due figli, hanno distrutto una comunità e pretendono di passare come angioletti”.

Crollo Jovine. la scuola è caduta per il terremoto


CAMPOBASSO – “In caso di dubbio è preferibile l’assoluzione di un reo che la condanna di un innocente”. Con questa affermazione ha avviato, ieri mattina,la discussione in difesa di Mario Marinaro, l’avvocato Claudio Santoro. Le tesi principali sono state snocciolate in poco più di tre ore durante le quali sono state messe a fuoco tutte le cause della tragedia del 31 ottobre 2002. L’avvocato Santoro ha chiesto anche l’ammissione agli atti di uno studio effettuato dai periti su tutti gli edifici di San Giuliano di Puglia in seguito al terremoto. In precedenza sono stati stabiliti i tre punti focali per i quali la sentenza D’Arcangelo del 13 luglio 2007, andrebbe confermata. “Come già è stato detto in quest’aula dall’avvocato Gianfederico Cecanese- ha sottolineato Santoro- il dispositivo D’Arcangelo è granitico ed inattaccabile sulle motivazioni”. Questo sarebbe vero per tre ordini di motivo. Il primo è relativo al fatto che la scuola è caduta per causa del terremoto, la seconda perché la sopraelevazione non ha inciso sulla struttura nel provocare l’evento traumatico e terzo perché la scuola non era predisposta per resistere all’azione sismica. Il tecnico comunale Mario Marinaro non sarebbe imputabile per il suo legale, e quindi va assolto, perché con le leggi vigenti a San Giuliano di Puglia il 31 ottobre 2002, non era obbligatorio costruire l’edificio scolastico secondo le normative antisismiche. “L’ordinanza del 1998 – ha sottolineato Santoro- dava soltanto indicazioni fiscali su come costruire ma non costituiva alcun dettame legislativo. Era un documento nel quale si valutava soltanto ilo rischio sismico derivante da un terremoto che si era verificato in quel comune sette otto secoli fa. La classificazione sismica era tutta altra cosa ed è stata effettuata soltanto nel 2003”. Il terremoto del 31 ottobre 2002 non è affatto un evento sismico di poco conto come avevano detto le accuse pubblica e privata. E’ stata invece una forza della natura da tenere in considerazione. “Se fossero morte molte più persone – ha evidenziato Santoro – non stavamo qui a celebrare questo processo”. Per sottolineare la forza della scossa del 31 ottobre 2002 dell 11.32 e sconfessare la teoria della possibilità della caduta della scuola con una nevicata ha messo in evidenza le cinque scosse della notte. “Una scossa della forza di 3,5 gradi della scala Richeter – ha sottolineato Santoro – che non aveva provocato alcuna lesione nelle murature della scuola. Nessun rigonfiamento. Il crollo non poteva assolutamente avvenire a causa di una festa di bambini così come affermato dal procuratore di Larino Nicola Magrone. Tutto quello che affermo non è altro che il frutto dello studio di esperti che sono andati a verificare quali sono le cause reali del crollo”. L’avvocato Santoro è poi passato a spiegare la necessità di un consolidamento prima della sopraelevazione. Secondo i periti non era essenziale per prevedere l’azione sismica. “Per rendere quella struttura antisismica – ha dichiarato – la scuola andava abbattuta. Con la sopraelevazione è diventato soltanto simicamente vulnerabile non strutturalmente. L’edificio era più esposto al crollo perché era costruito come scuola e con caratteristiche diverse da quelle delle abitazioni tipo mura più lunghe e finestre più ampie”. “Se si doveva fare un consolidamento- ha continuato – il tipo di struttura sarebbe cambiato. Il tipo di rinforzo che sarebbe stato fatto non era di natura sismica ma soltanto strutturale. Qualsiasi lavoro statico fosse stato eseguito sarebbe servito soltanto ad aumentare la capacità di sopportazione dei carichi verticali ma non a rendere l’edificio più antisismico”.

lunedì 16 febbraio 2009

Violenza sessuale, arriva il decreto

ROMA - Dopo i due casi di violenza sessuale avvenuti in meno di 48 ore il governo decide di ricorrere alla decretazione d'urgenza. Infatti nel prossimo Consiglio dei ministri verrà presentato un decreto che anticiperà le misure anti-violenza sessuale stabilite nel disegno di legge sulla sicurezza ancora all'esame della Camera. L'opposizione però critica il centrodestra, dichiarando "fallita" la politica sulla sicurezza del governo Berlusconi. Il decreto comporta l'immediata approvazione di norme come quelle che assicurano il gratuito patrocinio alle vittime dei reati. Importane l' esclusione degli arresti domiciliari per gli accusati e la legalizzazione delle cosiddette 'ronde' per il controllo del territorio. Secondo quanto si apprende, infatti, al ministero della Giustizia si guarderebbe con favore all'idea del decreto e alle prime due misure da varare in tempi rapidissimi. Ma sulle ronde, fortemente volute dalla Lega, si fa capire che ci vorrebbero "ulteriori verifiche". In attesa del Cdm che dovrebbe anticipare le misure già contenute nel ddl sicurezza (che potrebbe tornare al Senato per via dei cambiamenti introdotti sulla permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione, approvati con voto segreto anche dal centrodestra), l'opposizione punta il dito contro la politica del governo e contro i tagli che la Finanziaria ha imposto alle forze dell'ordine. In più, si attacca il centrodestra anche per il ddl sulle intercettazioni. Se questo provvedimento diventasse legge, denunciano il leader dell'Idv Antonio Di Pietro e il capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti, nelle indagini sui casi di violenza sessuale non si potrebbe più usare "l'indispensabile strumento delle intercettazioni" perché per richiederle occorrerebbero "gravi indizi di colpevolezza". Insomma, spiegano, si dovrebbe sapere prima chi é il colpevole per poi poterlo intercettare. Ma, intercettazioni a parte, i poli si dividono sulle misure da adottare per far fronte a questi casi "sempre più in aumento" di violenze in città. I leghisti chiedono, come fa Roberto Calderoli, la "castrazione chimica" per i colpevoli; la sospensione per tre anni del Trattato di Schenghen sulla libera circolazione, come propone il senatore Piergiorgio Stiffoni; e le immediate espulsioni dei clandestini, come chiede il capogruppo alla Camera Roberto Cota. Il ministro della Difesa Ignazio La Russa suggerisce il pattugliamento a piedi delle zone a rischio, mentre il deputato del Pdl Osvaldo Napoli propone di tenere aperte le caserme 24 ore su 24 e di affidarsi anche alle ronde cittadine per il controllo del territorio. Nel Pdl poi si rivolge un appello ai magistrati, come fa il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, di "essere inflessibili" e di non consentire più che avvengano "scarcerazioni facili", come dice il portavoce di Fi Daniele Capezzone. Ma il centrosinistra non ha dubbi: la destra "con la faccia feroce ha fallito", sostiene il senatore del Pd Luigi Lusi. "Nessuno deve strumentalizzare i casi di violenza di questi giorni - afferma il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini - ma la frequenza con la quale avvengono dimostra che è giunto il momento della riflessione e dell'autocritica". L'unica cosa da fare a questo punto, secondo il centrista Mario Baccini, è quella di dare "poteri speciali" e di aumentare i finanziamenti alle forze dell'ordine. E su quest'ultimo punto l'intera opposizione concorda: i tagli sono stati troppi, servono più soldi per chi presidia il territorio. Con buona pace del ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta che chiede l'unificazione dei vari corpi di polizia. fonte Ansa

martedì 10 febbraio 2009

Violenza sessuale, perizia entro il 30 giugno

CAMPOBASSO – Stabilire se la vittima delle violenze sessuali avvenute in un paesino della provincia era capace di intendere e volere quando aveva subito gli abusi. E’ il quesito principale posto dal giudice per le indagini preliminari Teresina Pepe allo psichiatra Marco Marchetti dell’Università del Molise. L’esperto ha acquisito l’incarico ieri mattina davanti al pm Rossana Venditti e gli avvocati dei tre indagati. Assenti le parti in causa. L’udienza di conferimento degli incarichi è durata circa un’ora. Ora l’esperto avrà 80 giorni di tempo per valutare questa eventualità. Infatti il termine ultimo fissato dal giudice per la consegna della perizia è stato fissato al 30 giugno. Sarà solo allora che il giudice avrà gli elementi per giudicare la gravità degli abusi inferti sulla minore. Infatti se la ragazza dovesse essere giudicata incapace la posizione del padre diventerebbe ancora più grave di quella che è in questo momento. Invece se dovesse essere giudicata capace gli abusi sarebbero stati perpetrati “soltanto” sulla figlia minore di sedici anni. In ogni caso la situazione nella quale si sono verificati gli abusi resta grave sotto ogni punto di vista. Infatti nella vicenda restano indagati il vicino di casa, che avrebbe abusato anch’egli della povera infelice e la madre della minore. Quest’ultima sapeva e non aveva mai pensato di denunciare il marito violento. Successivamente il legale potrebbe decidere anche per lei di richiedere la perizia.

Uxoricidio Scalabrino, chiesto il rito immediato

CAMPOBASSO – Rito immediato con sentenza a breve termine. E’ quanto richiesto dal sostituto procuratore Rossana Venditti per l’uxoricidio di Marisa De Benedittis avvenuto il 17 ottobre scorso in via Veneto. A subire il giudizio sarà Antonio Scalabrino reo confesso del delitto a pochi minuti da quanto accaduto. La richiesta del sostituto procuratore è stata depositata ieri mattina davanti al giudice per le indagini preliminari. E’ arrivata perché avrebbe tutte le prove per inchiodare Scalabrino alle sue responsabilità. Questo particolare rito ha la caratteristica di poter essere celebrato immediatamente dopo la richiesta e non sessanta giorni dopo. Si richiede anche quando si pensa che il procedimento possa essere chiuso in tempi brevi. Ora gli avvocati della difesa Fabio Albino e Domenico D’Antonio hanno quindici giorni di tempo per decidere la strategia processuale da adottare. “Aspettiamo di leggere il procedimento – ha dichiarato l’avvocato Fabio Albino a “La Gazzetta del Molise” – poi decideremo i passi da compiere. Posso solamente anticipare che, se non ci saranno sorprese, chiederemo il giudizio attraverso il rito abbreviato con l’acquisizione di una perizia psichiatrica. Se le condizioni del nostro assistito dovessero cambiare o in bene o in male a secondo delle prove raccolte dalla procura sceglieremo anche noi di aderire al rito immediato”. Tra la documentazione a disposizione del pm Rossana Venditti anche l’acquisizione del verbale dell’autopsia. Nelle pagine consegnate dal dottor Vecchione si evince che i colpi di fucile sparati da Scalabrino erano tre e quello a distanza ravvicinata avrebbe provocato la morte della donna. La differenza tra il giudizio immediato ed il rito abbreviato sta soprattutto nella differenza di determinazione della pena. Nel primo caso Antonio Scalabrino potrebbe essere anche condannato all’ergastolo mentre nel secondo è previsto lo sconto di un terzo della pena con un massimo di trenta anni di carcere.

sabato 7 febbraio 2009

"Ammazzare una donna costa poco"


CAMPOBASSO – All’interno della staffetta contro la violenza alle donne centrale è stato l’intervento della giornalista Alda D’Eusanio. Accompagnata dall’anziana madre si è intrattenuta per un dibattito con le ragazze del Liceo Pedagogico del capoluogo di regione. Ha trattato il tema della violenza come è suo solito, con amore e con passione. “Le donne – ha sottolineato- devono innanzitutto conquistare il rispetto di se stesse. Come fare? Innanzitutto non vergognandosi di essere vittime prendendo coraggio e denunciando. Ho l’onore di intervenire in questa sede proprio quando il tema sulla violenza alle donne è di recente attualità. Devo però notare che, quando una donna subisce uno stupro si lascia intervistare, non mostra il suo volto. Non lo fa semplicemente perché si vergogna. Si ha il coraggio di farsi vedere di più quando si gareggia per diventare veline e non in questi casi. Bisogna capire che non abbiamo nulla di cui vergognarci. Chi invece lo deve fare sono gli stupratori”. Un incipit di tutto rispetto quello della giornalista di Rai Due. Querelata più volte dai mariti violenti perché ha il coraggio di invitare nelle sue trasmissioni donne vittime di violenza. Querelata perché è lei stessa che spinge le sue interlocutrici a denunciare. Infatti si racconta molto spesso di donne che subiscono violenze tra le mura domestiche o di chi è vittima di stalking che letteralmente significa persecuzione. Ma le donne che si recano nelle trasmissioni di Alda D’Eusanio sono soprattutto le madri delle ragazze uccise dai propri fidanzati. Il caso Muntari è stato l’emblema. Il fidanzato persecutore, prima di ammazzare la sua ex, aveva preso di mira anche i suoi genitori con minacce di vario tipo. Il processo per quel reato si è concluso con la condanna al pagamento di 85 euro di multa. “Le ragazze – ha continuato la giornalista Rai- non denunciano perché la giustizia non le tutela. In un processo per stupro vengono nuovamente violentate. Come accaduto ad Elvira e Silvia, due delle vittime del dottor Demetrio Altobelli l’uomo accusato e condannato per aver violentato le sue pazienti. Straziante la testimonianza di Elvira quando mi confidò di essere rimasta di ghiaccio dopo essersi riconosciuta in immagini crude insieme al suo violentatore. Chiesi alla moglie di fermare questo scempio. L’unico risultato fu un’altra querela. Intanto il medico continuò ad esercitare la sua professione fino a cinque anni dopo le denunce delle sue vittime”. Alda D’Eusanio ha condannato anche gli amici dello stupratore di Capodanno. “Non si deve affiggere uno striscione di solidarietà- ha sottolineato- bisogna condannare pur non abbandonando il proprio amico”. La giornalista non ha potuto fare a meno di dedicare un pensiero ad Eluana Englaro. “Non mi voglio schierare – ha evidenziato- dico soltanto che quel corpo è stato violentato di continuo per circa 17 anni. Mani esterne se ne impadronivano per permetterle di vivere”.

Violenza alle donne, arriva la staffetta dell'Udi


CAMPOBASSO – La violenza alle donne, sia essa fisica, sessuale o psicologica va combattuta. E’ questo il messaggio lanciato dall’Udi (Unione donne italiane) nel corso della manifestazione d’apertura della settimana della staffetta svoltasi ieri mattina nella sede del Liceo pedagogico del capoluogo di regione. L’anfora, con due manici e tanta speranza, è giunta direttamente da San Severo dove si era fermata fino a venerdì. E’ passata nelle mani delle donne molisane che la terranno con se fino al 14 febbraio. Sarà una settimana di manifestazioni, momenti di riflessione conditi anche di mostre e convegni per spiegare a tutte che la violenza non è soltanto una parola che si ascolta in questi giorni in televisione. Non deve essere un fenomeno mediatico che dopo alcuni giorni passa di moda perché il lettore non ne vuol più sentir parlare. E’ un dramma psicologico e sociale che accade nella quotidianità. Ma, purtroppo, nessuno ha il coraggio di denunciare. Le vittime si vergognano perché la società le emargina mentre vicini di casa e forze dell’ordine, soprattutto nei piccoli centri, ignorano il problema e si girano dall’altra parte quando ascoltano il suono delle botte. La manifestazione, in Molise, è stata l’occasione anche per il centro antiviolenza “La fenice” della Croce Rossa di Campobasso per mostrare le sue attività. Per la prima volta in regione, infatti, un team di avvocati e psicologi si è messo a disposizione delle vittime. A loro verrà fornita ogni tipo di assistenza. Basta trovare il coraggio di raccontare la propria esperienza e gli operatori troveranno, per ciascun caso, la via giusta per cercare di far ritrovare la serenità giusta alle donne che hanno subito violenza. Anche se certe ferite rimarranno per sempre impresse nell’animo di chi ha vissuto questa drammatica esperienza. Nell’anfora che è arrivata dalla Puglia è possibile scrivere pensieri di speranza o magari in forma anonima anche raccontare la propria storia. La tappa finale è prevista a Roma l’8 marzo. Il giorno della festa della donna. Oggi però c’è poco da festeggiare. Si potrà gridare alla gioia soltanto quando si troverà la forza e il coraggio di dire basta alla violenza.

venerdì 23 gennaio 2009

Violenza alle donne, ora basta


ROMA- Due casi in soli due giorni. Almeno quelli denunciati. Nel primo una ragazza di 21 anni di Guidonia è stata rapita,portata in aperta campagna ed abusata a turno da cinque uomini. Il ragazzo, 23enne, è stato invece picchiato e malmenato selvaggiamente. Solo un giorno prima, a Roma, una 41enne che tornava dall’ospedale dopo essere andata a trovare il compagno era scesa dall’autobus 916. Due uomini, uno italiano e l’altro extracomunitario, l’hanno fermata l’hanno aggredita e poi violentata. Uno la manteneva mentre l’altro le ha prima strappato i vestiti per poi avere con lei un convegno carnale. Uno strazio che alle due ragazze resterà sempre impresso. Un ricordo che potrebbe non abbandonarle per tutta la vita. Fin qui i fatti. Sui quotidiani nazionali le vicende sono già state riprese quindi, in questa sede, non sarà analizzato l’aspetto puramente neristico. La mia voleva essere una riflessione sulle leggi e sulla sicurezza. Troppo pochi, innanzitutto, gli anni di carcere per chi viene dichiarato colpevole. La legge del 96 prevede una pena che va dai 5 ai dieci anni per chi viene ritenuto responsabile di violenza carnale. La pena si innalza ad un massimo di 14 se la sopravvissuta allo stupro ha un’età inferiore ai dieci anni. Questo in teoria. Ma la possibilità di procedere con rito abbreviato riduce da se un terzo della pena. Da 14 si passa a 9 anni mentre da cinque anche a tre anni e quattro mesi. Poi esistono benefici come la semilibertà che riducono ancora di più la pena. Quindi che viene condannato a tre anni e quattro mesi può uscire dopo meno di due. Troppo poco. Lo stupratore, in questi casi, potrebbe andare a ricercare la donna che lo ha denunciato e rifarlo o, nei casi più gravi, uccidere quest’ultima solo perché lo avrebbe “rovinato”. Una legge più severa andrebbe di sicuro ad arginare il fenomeno. Ci vorrebbe la pena di morte oppure l’ergastolo. Perché la violenza condanna la donna a questo tipo di pena. La paura eterna di uscire da sole, di non poter affrontare una scalinata buia insieme ad amici o al proprio compagno, non è ergastolo? Non è ergastolo non dormire la notte affogate dalle lacrime e dai flashback di quanto si né dovuto subire? Chi non ha avuto la sventura di dover sopportare tutto questo dice alle sopravvissute: “Cercate di dimenticare”. Ma non sa che questo è impossibile. Impossibile non sentirsi dentro quel coso che ti sventra e ti mangia dentro. Questo è ergastolo non quello di Izzo o di tanti altri che possono uscire e rifarlo di nuovo. Non penso che la colpa degli stupri sia di Veltroni o di Alemanno oppure di qualsiasi sindaco di città dove accadono. Ma per la sicurezza propongo di mettere in atto delle ronde anche di cittadini volontari che pensino a vigilare. Le forze dell’ordine dovrebbero potenziare i turni notturni. Come? Il Ministero dovrebbe bandire nuovi concorsi per aumentare gli organici e sburocratizzare l’Arma dei carabinieri, la polizia o la Guardia di finanza. Ossia meno agenti dietro le scrivanie e più pattuglie in giro per le città. Anche se questo dovesse significare più tasse. Meglio pagare per queste cose e non per aumentare lo stipendio dei politici. A proposito di loro. Se lo dovrebbero abbassare lo stipendio a tutti i livelli istituzionali invece di organizzare solo convegni che lasciano il tempo che trovano.

giovedì 22 gennaio 2009

Trivento, 94enne uccide la moglie 45enne


TRIVENTO – Contrada Codacchi ore 8.30 di ieri mattina. Pasquale Quici, un uomo sulla cinquantina chiama i carabinieri. “Venite- avrebbe affermato- mio padre ha ucciso sua moglie”. I militari del paese, agli ordini del capitano Ambrosone, si sono recati immediatamente nell’abitazione. Lì si trovava il 94enne Antonio, ancora in stato confusionale, accanto al cadavere della moglie 45enne Maria Mattiacci. Sarebbe stato proprio l’uxoricida a dire a suo figlio di chiamare i carabinieri. Era cosciente della gravità di quello che aveva fatto. Il fatto di sangue si sarebbe verificato in un raptus di follia. L’anziano, ancora arzillo e nel pieno delle sue capacità psicofisiche, aveva intrapreso appena sveglio l’ennesima lite con la giovane moglie. Pare che la donna, 45 anni di cui ventitre vissuti accanto al marito anziano, bevesse. Per questa ragione l’uomo, sentendosi minacciato, avrebbe afferrato l’attizzatoio da camino ed avrebbe iniziato a colpire. Uno, due o tre colpi questo ancora è da stabilire. In un attimo il viso di Maria è diventato un’enorme maschera di sangue. Così l’hanno trovata i carabinieri i quali, dopo l’autorizzazione del pubblico ministero Fabio Papa, l’hanno trasportata all’obitorio dell’ospedale Cardarelli di Campobasso. Nel pomeriggio il dottor Vincenzo Vecchione ha pensato allo svolgimento dell’autopsia. I risultati saranno resi noti entro 90 giorni. L’omicidio resta comunque dai tratti molto efferati. Antonio Quici, 94anni e cinque figli, dopo il primo interrogatorio di garanzia svoltosi nella caserma dei carabinieri di Trivento, è stato trasferito agli arresti domiciliari. Trascorrerà il resto della sua vita non vicino alla moglie, ormai deceduta per sua mano, ma con uno dei figli residente nel comune trignino. Nella giornata di domani, invece, il corpo dovrebbe tornare dall’ospedale Cardarelli a Trivento per l’ultimo saluto.

Duecento grammi di cocaina, coniugi in manette

VENARO - Erano partiti nel primo pomeriggio di ieri a bordo di una insospettabile utilitaria. Si tratta di I.A. (33enne) e G.M. (32enne) con il loro figlioletto di 1 anno appena. Una famiglia di origine partenopea che apparentemente ritornava nel capoluogo campano a far visita ad amici e parenti. Ma i carabinieri di Venafro, insieme a quelli di Campobasso che da tempo pedinavano la coppia. Dopo lunghe ore di appostamenti e pedinamenti hanno messo fine all’illecita attività dei due coniugi napoletani. Dopo un lungo pedinamento predisposto con oculatezza sin dal casello A1 di Caianello e terminato poi nel centro abitato di Venafro i carabinieri sono riusciti a mettere le mani addosso ai due corrieri ed al loro consistente carico di cocaina. Definitivamente bloccati, hanno azzardato l’ultima disperata carta, mostrandosi increduli alla presenza di tanti carabinieri. Hanno così ostentato facce innocenti ed il viso del piccolo utilizzato quale strumento di dissuasione, ma la perquisizione ha dato i suoi frutti e così sono saltati fuori 200 grammi di cocaina purissima destinata al mercato campobassano. Dalla droga appena acquistata, mischiata poi alle sostanze da taglio, i due coniugi avrebbero ricavato ben 500 dosi per un ricavo netto di almeno 60.000 euro. Sono subito scattate le manette ai polsi dell’uomo che è stato associato alla Casa Circondariale di Isernia, mentre per la donna proprio grazie alla presenza del piccolo (che inconsapevolmente ha aiutato ancora una volta una mamma tanto scellerata che l’aveva usato per non destare sospetti) l’arresto sarà scontato presso la propria abitazione in regime di arresti domiciliari. Le indagini proseguono a ritmo serrato. Non si escludono ulteriori sviluppi.

lunedì 19 gennaio 2009

Per accontentare il fidanzatino si prostituisce, accade in villa a Venafro


VENAFRO – E’ allarme sociale nel comune dell’alto Volturno per il fenomeno delle baby prostitute. Il traffico si svolgerebbe dopo la mezzanotte all’interno della villa comunale. Protagoniste ragazze che vanno dai tredici ai quindici anni. Tutte agghindate si recano nella zona indicata per guadagnare un po’ di soldi. Lo fanno in uno dei modi che, se paragonato all’età dei protagonisti della storia, che può essere definito agghiacciante. Chi più chi meno si concede a ragazzi di sesso maschile per ottenere anche ricariche per cellulari da 5 o 10 euro. Il movimento era stato notato da tante persone che avevano locali e bar situati nei pressi della villa comunale. La maggior parte di loro sono risultati restii a parlare. Solo uno è sembrato essere più loquace ed ha raccontato una storia che pare essere il dramma nel dramma. “Ce n’è una – ha sottolineato il beninformato – che è molto innamorata del suo fidanzatino. Per non farsi lasciare è disposta a tutto. Ad accontentare i suoi amici e anche a farsi filmare mentre è in azione” . Ora toccherà alle forze dell’ordine indagare e stabilire se nel traffico esiste una qualche ipotesi di reato. Infatti si tratta di ragazze comprese tra i 13 ed i 15 anni. Al momento non si sa se la presunta protagonista dei filmati abbia raggiunto o meno i quattordici anni di età. Se avesse tredici anni scatterebbe il reato di violenza sessuale presunta. Perché la legge su questo punto parla chiaro: “le ragazze che fanno sesso prima dei quattordici anni, anche se consenzienti, sono considerate vittime di violenza sessuale”. Ora, dopo che la vicenda è balzata sul quotidiano “Primo Piano” i genitori sembrano essere più attenti. Nelle ultime sere la villa è apparsa vuota e i divieti di uscire di casa finalmente più severi.

Bevuto antigelo, funerali per Antonio Ricciardi

CASTELMAURO - C’erano molte persone, ieri pomeriggio, ai funerali del 66enne Antonio Ricciardi, deceduto nella serata tra sabato e domenica dopo aver bevuto liquido antigelo. Le esequie si sono svolte alle ore 14.30 nella chiesa di San Leonardo. Il decesso invece è avvenuto in una stanza dell’ospedale Vietri di Larino. Le sue ultime 24 ore di vita le ha trascorse lì mentre le sue condizioni di salute andavano continuamente a peggiorare. L'uomo, pensionato, era molto conosciuto in paese. Spesso lo si vedeva vagare tra le viuzze del centro, dove è avvenuta la tragedia. Intanto proseguono le indagini dei Carabinieri per chiarire la drammatica vicenda e capire per quale motivo l'uomo ha ingerito la sostanza nociva. Viveva in una casa del paese con una sorella ma durante la giornata vagava per Castelmauro. Spesso mangiava alla mensa comunale. Così come aveva fatto anche prima di essere ricoverato in ospedale. Si era recato a mangiare proprio dopo aver bevuto il liquido tossico. Era la tarda mattinata di venerdì quando l’anziano ha trovato per strada la bottiglietta letale. Con molta probabilità lo aveva scambiato o con una bottiglia d’acqua o con una di alcol. Dopo essersi sentito male è stato subito soccorso, e trasportato in ospedale a Larino ma non c'è stato niente da fare. A circa 24 ore dal ricovero è spirato. Sull'episodio indagano i carabinieri di Castelmauro. Intanto la famiglia si lamenta di essere stata avvertita del decesso dell’uomo soltanto domenica mattina.

sabato 17 gennaio 2009

Crollo Jovine, la procura generale: "In primo grado solo lacune e contraddizioni"

CAMPOBASSO – Sette anni per il progettista della sopraelevazione Giuseppe La Serra e per il tecnico comunale Mario Marinaro, cinque anni per i titolari delle imprese appaltatrici Giovanni Martino e Carmine Abiuso e tre anni e tre mesi per l’ex sindaco di San Giuliano di Puglia Antonio Borrelli e per il costruttore della scuola Giuseppe Uliano. Sono queste le condanne chieste dal pg Claudio Di Ruzza nel processo d’appello sul crollo della scuola Jovine di San Giuliano di Puglia. Due anni in meno rispetto a quelle che presentò, in primo grado, il procuratore di Larino Nicola Magrone. “Non è importante- ha sottolineato il procuratore Silvano Mazzetti – la quantificazione della pena, ma il riconoscimento della penale responsabilità di quanto accaduto”. In quasi tre ore di requisitoria il pg Di Ruzza ha smontato pezzo per pezzo la sentenza emessa in primo grado dal giudice Laura D’Arcangelo con la quale gli imputati erano stati assolti. Ha sottolineato innanzitutto la penale responsabilità degli imputati chiedendo per i primi quattro all’interdizione perpetua dai pubblici uffici mentre per gli altri una sospensione di cinque anni. “Non è una ricerca di una condanna a tutti i costi- ha sottolineato Di Ruzza- ma soltanto un voler dare certezze ai genitori che se le meritano tutte. Dispute sterili che ci allontanano dalla verità sono da giudicarsi inutili. Il nostro interlocutore sarà soltanto la sentenza di primo grado stracolma di lacune.”. L’esame della sentenza è stato diviso in tre parti. La prima riguardava le condotte degli imputati, la seconda il nesso causale, la terza l’evento. Le condotte sono state successivamente divise in due sottoparti, la costruzione e la sopraelevazione. Entrambe sono state caratterizzate da una serie di violazioni non messe in rilievo nella sentenza D’Arcangelo. Nella sentenza vengono completamente ignorati i criteri di agibilità e staticità dei locali. Uno su tutti il taglio della trave che ha messo gravemente a rischio la stabilità dell’edificio. Numerose le violazioni al regio decreto del 1937 messe in piedi da Giuseppe Uliano nel biennio 54-55 quando ha realizzato i lavori. C’era il divieto di usare ciottoli rotondi per costruire le mura. Puntualmente utilizzati mentre le pietre dovevano essere squadrate. C’era l’obbligo di usare malta molto buona. Uliano invece usò anche argilla per una bassa quantità di legame. La sentenza minimizzò perché in tutto l’appennino si costruiva così. Le fondamenta dei muri sporgevano di dieci centimetri, questo non doveva accadere. Per quanto riguarda la sopraelevazione la sentenza di primo grado ci spende solo due righe. Invece anche lì altre violazioni. “Se la si doveva fare- riferisce in sostanza Di Ruzza- si doveva rivedere la solidità dell’edificio. Cosa che non è stata fatta. Altrimenti si doveva rinunciare”. Troppo brevi i tempi per stilare il progetto, troppo brevi anche quelli di costruzione. Violate le leggi sul cemento armato , sul sulla muratura e quelle antisismiche. Le prime sono relative alla legge 1086/71 perché la Jovine originaria era stata considerata solo in muratura mentre aveva il solaio ed altre strutture già in cemento armato realizzate negli anni 70. Per questo la sopraelevazione ha aggravato la condizione statica di dieci muri maschi e non di uno solo come si legge nella sentenza di primo grado. Per la necessità di rispettare le normative antisismiche la legge parlava chiaro. Secondo il dispositivo D’Arcangelo costruttori e progettisti non dovevano rispettare la normativa antisismica perché San Giuliano non era dichiarato comune a rischio. Invece nel 1998 un’ordinanza ministeriale indicava il comune in zona uno e prevedeva agevolazioni per chi costruisse rispettando i criteri sismici. In pratica se fossero stati rispettati il crollo non sarebbe avvenuto. Ma la violazione più grande è stata quella di no aver provveduto ad effettuare il controllo di staticità dell’edificio prima di dichiararlo agibile. Per quanto riguarda invece il nesso causale secondo il primo grado la scuola senza terremoto non sarebbe crollata mentre secondo quanto dimostrano perizie ignorate il sisma è una concausa del crollo insieme al malcostruire.

La violenza degli uomini comincia in casa



Il 96% delle donne vittime di violenza tra le mura domestiche non sporge denuncia. Si tratta di un dato allarmante che resta tutto all'interno della “sacra famiglia” e che interessa ben 6 milioni e 743 mila donne tra i 16 ai 70 anni. Di queste, 1.400.000 ragazze resta vittima di violenza prima dei 16 anni. Un aiuto concreto - Lo rivela, in una nota, il centro Codici che ha attivato lo "Sportello Tutela Donna" con un telefono-amico attivo 24 ore su 24 per 7 giorni su 7. La volontà è quella di "dare ascolto, conforto e un aiuto concreto attraverso una tutela psicologica e legale", spiega il Segretario Nazionale Ivano Giacomelli. Rompere il silenzio - "Nel mondo – spiega ancora Giacomelli - milioni di donne subiscono violenza fisica e morale spesso da parte di un membro della famiglia: è un'epidemia di dimensioni allarmanti e purtroppo silenziosa. Un silenzio assordante - conclude - a cui Codici ha intenzione di dar voce: esiste tutto un "sommerso" preoccupante, moltissime sono le donne che subiscono in silenzio soprusi quotidiani e non hanno la forza di denunciare le violenze". Fonte Tiscali

venerdì 16 gennaio 2009

Violenza sessuale, la vittima conferma


CAMPOBASSO – Ha confermato tutte le accuse a carico del padre 48enne, del vicino di casa e sembra che lo abbia anche nei confronti della madre. La vittima delle violenze sessuali, la sedicenne residente in un paese della provincia, lo ha fatto nell’interrogatorio subito ieri mattina in Questura a Campobasso alla presenza della dottoressa Falciglia esperta in tali problematiche. I poliziotti e il gip Teresina Pepe l’hanno accolta nella stanza appositamente allestita dalla Questura di Campobasso. Circondata da giochi e matite colorate ha potuto ricostruire, in tre ore di interrogatorio, tutte le presunte miserie umane che è stata costretta a subire nel corso degli anni dall’altrettanto presunto orco. Nonostante tutti gli agi il racconto è stato ugualmente doloroso. Il confronto con il giudice, iniziato alle 10.30, ad un certo punto è stato interrotto per una breve pausa. E’ ripreso verso mezzogiorno per poi proseguire fino alle 13.30. La ragazza, con molta probabilità, fino al processo non verrà più ascoltata. Solo così potrà riacquistare la serenità che le è stata tolta sia dalle violenze che dal silenzio assordante adottato dal resto della famiglia. In Questura, oltre a lei, era presente anche il padre- presunto violentatore. Ma i due non si sono incontrati. Lei è uscita dall’ingresso posteriore, lui da quello principale. Il presunto violentatore, insieme ai giudici, ha ascoltato tutto il racconto della figlia.

Frana a Trivento, tre case inagibili

TRIVENTO – Tre case inagibili ed altre che rischiano di fare la stessa fine. E’ la situazione verificatasi nel centro trignino a causa di una frana che interessa contrada Vivara. Il tutto è diventato preoccupante nella mattinata di ieri quando il fango ha cominciato a distruggere quello che si trovava di fronte. Erano da poco passate le nove quando ha invaso due abitazioni situate sul tratto di strada che collega Trivento a Roccavivara. In una delle case abitano anziani. In pochi minuti si sono visti distruggere i sacrifici di una vita. Così come è accaduto anche agli altri abitanti della seconda casa, quella evacuata nel pomeriggio. “Ci fa star male questo che sta succedendo- hanno dichiarato le vittime della frana - il fango si è portato via il letto e il resto dei mobili che si trovavano nell’abitazione. Ora non sappiamo dove andare”. Gli evacuati dovrebbero essere ospitati a casa di loro familiari fino a quando non verrà trovata una soluzione alternativa. Sul posto, per tentare di arginare i danni, si sono recati gli operatori della Protezione civile e una pattuglia di vigili del fuoco. Nel frattempo la frana non si è arrestata. La sede stradale continua a salire di ora in ora provocando molta disperazione tra coloro che potrebbero perdere la loro abitazione. Per fortuna non ci sono feriti.

mercoledì 14 gennaio 2009

Crollo Jovine, hanno tentato di escludere i genitori

CAMPOBASSO – “Hanno tentato di escludere i genitori dal processo”. Con queste parole l’avvocato di parte civile Libero Mancuso ha commentato il tentativo degli avvocati della difesa, nel processo sul crollo della scuola Jovine di San Giuliano di Puglia, di procurarsi un nuovo rinvio. A tentare di post datare il corso della giustizia ci ha provato per primo l’avvocato dell’ex sindaco ed imputato Antonio Borrelli, Fabio Del Vecchio. Prima che il processo entrasse nel vivo ha presentato la sua questione preliminare. Alcune costituzioni di parte civile non potevano essere accettate. Si tratta di alcuni genitori di bambini che non erano effettivamente presenti a scuola durante il crollo dell’edificio. A questa si è aggiunta anche una eccezione formale dell’avvocato Claudio Santoro. Il collegio di giudici, formato dal presidente Mario Iapaolo, Vincenzo Di Giacomo e Clotilde Parisi si è successivamente riunito in camera di consiglio per decidere sulla questione. Dopo circa 20 minuti la Corte ha preso nuovamente possesso dell’aula della caserma Frate di Campobasso. Ha dichiarato le eccezioni presentate dai legali inammissibili poiché, come stabilito nell’udienza del 19 novembre scorso, quando era stata sollevata l’omessa notifica del procedimento ad alcuni imputati i giudici avevano invitato i legali a sottolineare altre irregolarità processuali in quella sede. Quindi anche se formalmente non facevano alcuna piega le questioni sono state giudicate tardive. Successivamente, dopo la relazione del giudice Enzo Di Giacomo durata circa due ore, si è potuto assistere ad un nuovo tentativo degli avvocati della difesa per dilazionare il più possibile i tempi del processo. Quando il presidente Mario Iapaolo ha chiesto ai legali di discutere sulla proposta di calendario presentata sono sorti gli altri parapiglia. Il primo ad opporsi è stato l’avvocato Agostino De Caro. Quest’ultimo ha sottolineato di non poter seguire un calendario di udienze così fitto perché impegnato anche in processi con detenuti. Importante a questo punto la dichiarazione del Procuratore generale Claudio Di Ruzzo. “Per la procura generale- ha sottolineato- è difficile sostenere un processo con tre udienze settimanali. Ma per agevolare il corso della giustizia siamo pronti anche a fronteggiare un’udienza al giorno”. La sentenza dovrebbe essere emessa a febbraio. La proposta di calendario parla del 6. In tempo massimo per evitare la prescrizione dei reati di omicidio, disastro e lesioni colpose di cui devono rispondere gli imputati Antonio Borrelli, Giuseppe Uliano, Giuseppe La Serra, Carmine Abiuso, Mario Marinaro e Giovanni Martino.

martedì 13 gennaio 2009

Truffava l'Esu, ristoratore nei guai

CAMPOBASSO – Stava truffando l’Esu ( ente per lo studio universitario) del Molise ottenendo ingiusti guadagni. Ma la sua azione non è passata inosservata a qualcuno che ha deciso di denunciare il tutto alla Squadra Mobile di Campobasso. Nella giornata di ieri la fase clou delle indagini. Davanti a numerosi clienti del ristorante “la Pergola” una pattuglia della polizia è entrata al suo interno per effettuare un sequestro. Il materiale finito sotto inchiesta è costituito di 50 badge magnetici utilizzati dagli studenti universitari per mangiare a mensa. Il ristoratore, secondo quanto si è appreso da indiscrezioni, avrebbe conservato le tessere anche quando i proprietari non andavano effettivamente li a consumare il pranzo. Un gesto che gli avrebbe consentito di ricevere anche fondi Esu che non gli spettavano. L’ipotesi di reato sulla quale la mobile starebbe lavorando sarebbe truffa legata all’indebito utilizzo dei tesserini magnetici. La posizione degli studenti proprietari dei badge magnetici sarebbe ancora al vaglio degli inquirenti. Nel pomeriggio abbiamo contattato il vice questore aggiunto Domenico Farinacci, dirigente della Squadra Mobile. “ Confermiamo – ha dichiarato a “La Gazzetta del Molise” – che questa mattina (ieri ndr) abbiamo eseguito una perquisizione e cinquanta sequestri all’interno del citato ristorante. Il titolare è al centro di un’indagine ma, per il momento, nei suoi confronti non è stato spiccato ancora un avviso di garanzia. Procediamo con i piedi di piombo non escludendo qualsiasi svolta giudiziaria

Crollo Jovine, ritorna il processo d'appello

CAMPOBASSO – Un processo a rischio prescrizione. Lo affermò, il 19 novembre scorso, l’avvocato Libero Mancuso dopo la richiesta di rinvio presentata dall’avvocato Claudio Santoro. Riparte da questo punto, questa mattina alle 9.30 nella sede del comando regionale dei carabinieri di Campobasso, il processo d’appello sul crollo della scuola Jovine di San Giuliano di Puglia. Il secondo grado di giudizio deve stabilire se i sei imputati, Giuseppe Uliano, Giuseppe La Serra, Mario Marinaro, Giovanni Martino, Carmine Abiuso ed Antonio Borrelli siano o meno colpevoli dei reati di omicidio colposo, disastro colposo e lesioni colpose. Non si escludono, da parte delle difese, ulteriori colpi di scena come quello avvenuto nella prima udienza del processo. Allora si rinviò perché non a tutti gli imputati era stato le motivazioni dell’appello presentato dal procuratore di Larino Nicola Magrone. Così facendo gli imputati avevano perso il diritto di proporre appello incidentale a quello del capo della procura frentana. . La terna di giudici, presieduta dal presidente Mario Iapaolo, dopo un’ora di camera di consiglio con i colleghi Enzo Di Giacomo e Clotilde Parisi, ha deciso di accoglierla rinviando tutto il procedimento a questa mattina. All’inizio ci si aspettava che la sentenza dovesse essere emessa il 28 gennaio. Ora, a tutt’oggi, è difficile prevedere quando il processo di secondo grado possa terminare. Si sa soltanto che, nella giornata di oggi, si provvederà nuovamente ad effettuare la costituzione delle parti. Successivamente, il relatore Di Giacomo dovrà ricostruire tutte le fasi salienti del processo di primo grado svoltosi a Larino tra il 2006 e il 2007. Fino a quando il 13 luglio, nonostante la rabbia dei genitori del comitato vittime, il giudice Laura D’Arcangelo decise di assolvere tutti gli imputati perché il fatto non sussisteva. Il rischio di prescrizione è l’elemento più serio del processo. Sette anni e sei mesi dal 31 ottobre 2002, data in cui persero la vita 27 bambini e la maestra Carmela Ciniglio. Tutto ciò significa che bisogna terminare il processo entro il 30 aprile 2010. Entro quella data ci dovrebbe essere già la pronuncia della Corte di Cassazione. Se ciò non dovesse avvenire si correrebbe il rischio che, per il crollo della scuola Jovine, non venga trovato alcun colpevole.

sabato 10 gennaio 2009

Palaia, presentati i ricorsi in Cassazione


CAMPOBASSO - La sentenza che ha condannato Luca Palaia a trenta anni di reclusione per gli omicidi di Maria Carmela Linciano e Valentina Maiorano non ha accontentato nessuno. Infatti sia il procuratore generale Antonio La Rana che l’avvocato della difesa Giuseppe Fazio hanno presentato ricorso in Cassazione. Quello della difesa è stato presentato nella mattinata di ieri nella cancelleria della Corte d’Appello di Campobasso. Venti pagine, tanto è stato scritto dal legale del 24enne calabrese, per spiegare l’incongruità della pena decisa dal presidente della Corte d’Appello Alfredo Bosco. Giuseppe Fazio ha chiesto invece di riformare la sentenza di secondo grado. In questo sarebbe previsto il riconoscimento delle penali responsabilità. Luca Palaia, ritenuto sia in Corte d’Assise che in Corte d’Appello coautore insieme ad Angelo Izzo, del massacro di Ferrazzano secondo il legale non sarebbe invece responsabile degli assassini della moglie e della figlia di Giovanni Maiorano. Non avrebbe partecipato perché invece plagiato dal mostro del Circeo il quale, secondo la consulenza del criminologo Francesco Bruno raccolta nel primo processo, era capace di intendere quanto stesse accadendo ma non di esprimere la sua volontà in merito. Secondo la difesa sarebbe quindi penalmente responsabile soltanto dei reati collaterali all’omicidio. Due giorni prima, alla ripresa delle attività giudiziarie, era stato il pg Antonio La Rana a chiedere l’intervento della Suprema Corte per la revisione della sentenza. La pena comminata in secondo grado ( 30 anni di reclusione) sarebbe anche per lui inadeguata ai delitti compiuti. Lo ha fatto presente in cinque pagine dove chiede, così come avvenuto davanti ai giudici di secondo grado, la pena del carcere a vita. L’omicidio sarebbe stato, secondo l’accusa, aggravato dalla crudeltà e avvenuto per futili motivi. Tre sono gli scenari adesso possibili. Il primo è l’accoglimento di entrambi i ricorsi. Il secondo è l’accettazione di uno si e dell’altro no. La terza invece è quella che i giudici romani possano respingere entrambi i ricorsi. Nei primi due casi la Cassazione fisserà una data entro la quale discutere e rendere definitiva la condanna. Nell’ultimo, invece, la sentenza di secondo grado diventerebbe automaticamente l’ultimo atto giudiziario del massacro di Ferrazzano. Sul caso di cronaca più grave per Campobasso verrebbe apposta, una volta per tutte, la parola fine. Luca Palaia non potrà fare altro che attendere dal carcere di Lanciano dove è recluso da ormai quasi tre anni.

Marinalva, ok alla comparazione genetica


ISERNIA – Dovrebbero emergere entro la fine di febbraio novità importanti sull’omicidio di Marinalva Costa E Silva. La brasiliana fu uccisa il 7 marzo nella sua abitazione di vico Belvedere del capoluogo pentro. Nella giornata di ieri è stato effettuato l’interrogatorio in sede di incidente probatorio. A dover conferire con giudici è stato l’esperto del Racis Giacomo D’Agostaro. Le sue analisi, racchiuse in 300 pagine, raccontavano dei reperti rinvenuti nell’appartamento della vittima e nella macchina dell’indagato. Nel primo luogo, come già anticipato nell’edizione di ieri de “La Gazzetta del Molise”, sono state rinvenute tre tracce di sangue di uomo e due di donna. Nella vettura di Ignazio Fortini, il 24enne di Letino (Caserta) invece altri due Dna maschili. “Non è nulla di importante – ha dichiarato il legale del giovane Claudio Sgambato – tracce di sangue maschile non rivelano nulla di particolare che già non era a conoscenza degli inquirenti”. Sempre come annunciato da “la Gazzetta del Molise” i legali, in forma congiunta, hanno chiesto la comparazione dei Dna rinvenuti con quelli delle 59 persone ascoltate a vario titolo nell’inchiesta. Il giudice Scarlatelli ha ritenuto la richiesta giusta ed utile per arrivare alla verità assoluta sul quanto accaduto.
La nomina del perito verrà effettuata il 6 febbraio prossimo in una nuova udienza. Le novità dovrebbero giungere in tempi brevi poiché le indagini sono molto più semplici di quelle eseguite in precedenza. http://www.gazzettadelmolise.com/