sabato 28 febbraio 2009

Crollo Jovine, quaranta operai a casa


CAMPOBASSO – “Le sentenze vanno rispettate sia quando sono favorevoli che quando non lo sono”. Con questa frase l’avvocato Gianfederico Cecanese ha commentato la condanna di Carmine Abiuso, subappaltatore nella sopraelevazione della scuola Jovine di San Giuliano di Puglia a cinque anni di reclusione.
“L’unica stranezza che noto – ha aggiunto il legale a “La Gazzetta del Molise” – è che il dato processuale ha sottolineato la mancanza del contratto di subappalto effettuato dall’imprenditore Giovanni Martino nei confronti di Carmine Abiuso. Quest’ultimo aveva soltanto prestato quattro operai al vincitore dell’appalto e per un periodo di tempo di quindici giorni. Per questo non riesco a comprendere da dove sia arrivata questa condanna”.
Parole amare, quelle dell’avvocato Cecanese, che dovrebbero far riflettere l’opinione pubblica. Se la sentenza dovesse essere confermata dalla Cassazione per i due costruttori inizierebbero i cinque anni più bui della loro vita. Innanzitutto dovrebbero scontare due anni di carcere. Anche se, per evitare questa cosa, i legali che li hanno seguiti nel processo stanno già studiando. Ma la pena più pesante che dovranno scontare è proprio la sospensione per cinque anni dalla possibilità di esercitare le loro arti ed i loro mestieri. Questo significherà la chiusura delle due aziende costruttrici. In totale Martino ed Abiuso hanno quaranta dipendenti. Operai che, nel caso di condanna in Cassazione, si ritroverebbero senza lavoro e senza stipendio. Un dramma nel dramma che cadrebbe proprio in questi mesi di dura crisi economica quando per i quaranta muratori potrebbe essere difficile essere assunti in un’altra impresa edile. Le imprese potrebbero non riuscire a sopravvivere anche grazie alle elevate provvisionali decise dai giudici di secondo grado. In totale più di cinque milioni di euro che in parte dovranno sborsare proprio i costruttori.
Questo accade nonostante Giovanni Martino, prima di iniziare i lavori di sopraelevazione terminati nel 2001, aveva visionato una relazione di fatto. Nel documento era scritto che le mura costruite negli anni sessanta dalla ditta di Giuseppe Uliano erano in ottimo stato. Se anche le carte fossero state false non era compito del costruttore andarlo a verificare.
La sentenza di secondo grado dice che la scuola non è caduta per causa del terremoto ma perché era stata costruita male. La teoria portata avanti dai genitori è stata ampiamente accolta dai giudici. Ora però l’opinione pubblica si chiede se questi ultimi restituiranno mai i fondi ottenuti per ricostruire le proprie case dopo aver ottenuto un verdetto voluto anche dall’opinione pubblica. Ci si domanda anche se i quaranta lavoratori delle imprese Abiuso e Martino non saranno le nuove vittime del crollo della scuola Jovine dopo che i loro datori di lavoro non potranno più esercitare e saranno costretti a fallire. Queste ultime domande avranno le loro risposte soltanto dopo il giudizio definitivo. Deve arrivare entro l’aprile 2010 ossia prima della prescrizione dei reati.